RAI, DI TUTTO DI PIU’

Il Sultano e i suoi giannizzeri
Ennio Remondino

Dalle sponde del Bosforo leggo delle telefonate tra alti dirigenti Mediaset e Rai e mi appaiono buffe Cronache Bizantine, con tanto di Ali Babà e i suoi fedelissimi ladroni. Qualche cosa tra favola e presa per il naso.
Una verità che pure ti era nota, quando la trovi scritta negli scarni verbali di qualche polizia giudiziaria, assume diverso spessore. Non perché la Guardia di Finanza sia narratrice più brava di noi giornalisti, nel sintetizzare le intercettazioni sul fallimento dell Hdc del fu sondaggista Luigi Crespi. Prosa scarna la loro, essenziale. Il fatto è che i verbali di quelle telefonate tolgono l’alibi della percezione personale a intrallazzi sussurrati e li rendono porcate ufficiali e pubbliche.
SEGUE A PAGINA 6
Prima potevi anche far finta di nulla, mal di pancia privato, ora devi davvero incazzarti. Credo sia questo che sta accadendo in queste ore in Rai. Almeno lo spero. Lo sapevate, lo sapevamo, ma per impotenza, codardia, il sopravvivere quotidiano, vergognose regole del gioco, tutti, chi più e chi meno, facevamo finta di niente.
Leggo del comune intento di alti dirigenti Mediaset e Rai di favorire il loro editore di riferimento. Spero che nessun amico turco mi chieda particolari. Una storia come questa avrei difficoltà ad andare a raccontarla persino in Kosovo o nel Kurdistan iracheno del fuoco incrociato. Là si sparano e basta, mentre questi avvelenavano l’acquedotto. Come dovremmo chiamare ora quei colleghi tanto preoccupati d’occultare i dispiaceri del Principe più che d’informare il popolo bue? Comprati, venduti, scorretti, sleali, faziosi? Sarebbe come chiamare conflitto una delle tante guerre immonde. Parole inadeguate. L’istinto è quello dell’insulto. Il peggiore possibile, all’altezza di tali figure. Io non sono alla loro altezza.
Mi accade, lavorando in paesi di giovane o approssimativa democrazia, d’essere chiamato a testimoniare del giornalismo e della libertà d’informazione che regola il nostro Bel Paese. L’imbarazzo, confesso, è costante. La questione televisiva, ma non soltanto. Spiegare, per esempio, come sia possibile, nella nostra Patria del Diritto, che esistano soltanto due grandi gruppi televisivi nazionali. Come spiegare che uno di essi, pubblico, sia controllato o condizionato ad andamento elettorale variabile dalla stesso privato che ne è concorrente? Come spiegare, ai miei amici turchi, che alti dirigenti con la maiuscola riescano a cambiare gruppo mantenendo sempre lo stesso padrone.
In Turchia, e non so come diavolo facciano, di televisioni pubbliche e private che coprono l’immenso territorio di questo paese, sono almeno venti. Vai a spiegare tu che da noi esiste qualche problema particolare legato al doppio Silvio Berlusconi, tycoon televisivo e capo partito. Aggiungo, per obiettività di cronaca che lo stesso Berlusconi è la sola figura pubblica italiana conosciuta a livello popolare in tutto l’ex impero Ottomano. Probabilmente richiama la memoria degli antichi sultani. Semplice storia bizantina anche questa, alla fin fine: il Sultano, i suoi giannizzeri, un Gran Visir, un po di eunuchi a guardia dell’harem, e i sudditi da strapazzare a piacere. Ognuno libero di scegliere nel mazzo il suo ruolo.
 
il manifesto 22/11/2007
This entry was posted in Generale. Bookmark the permalink.