L’Assemblea del 25 novembre delle reti e organizzazioni – che hanno promosso la manifestazione del 9 giugno contro Bush e contro la politica militarista del governo Prodi – e delle strutture che lottano contro la guerra, le basi e le spese militari, ha deciso:
1) l’avvio di un Patto permanente contro la guerra, adeguato a fronteggiare l’escalation della guerra – che è appunto permanente e globale – che preveda Assemblee nazionali periodiche di resoconto, discussione e decisione sulle iniziative ed un Gruppo di collegamento che operi concretamente tra una iniziativa e l’altra. A questo gruppo è importante che partecipino sia le organizzazioni e reti nazionali sia le reti locali impegnate contro le missioni, le basi e le spese militari. Un’alleanza di questo genere sarà davvero efficace se riuscirà a valorizzare e a fornire validi strumenti di collegamento su scala nazionale a tutte le strutture locali che sul territorio si battono quotidianamente contro le politiche e gli strumenti di guerra;
2) la partecipazione piena e convinta alla "tre giorni" internazionale di Vicenza e in particolare alla manifestazione del 15 dicembre. Contrastare la politica di guerra significa infatti manifestare contro il Dal Molin a Vicenza – dove ci auguriamo di vedere tutte quelle reti, organizzazioni, strutture e singoli che in questi anni con coerenza si sono battuti contro la guerra "senza se e senza ma" e non quei parlamentari che hanno appena votato il finanziamento per la costruzione della nuova base, gli stanziamenti per le missioni di guerra e l’aumento di spesa per le armi – e impedire poi in ogni modo che inizino i lavori della base. Al fine di avere la massima partecipazione il 15 a Vicenza, è fondamentale esercitare la massima pressione nei confronti di Trenitalia che, con l’avvento del governo di centrosinistra, ha avviato una politica di boicottaggio della libera circolazione dei manifestanti, stracciando accordi che prevedevano (con modalità simili a quelle praticate dalle compagnie aeree per riempire i veivoli) prezzi fortemente scontati quando un elevato numero di persone usava i treni per recarsi a manifestazioni;
3) di fare propria la Giornata internazionale contro la guerra e il liberismo del 26 gennaio promossa dal Forum Sociale Mondiale, che proponiamo venga dedicata in Italia a manifestare per il ritiro di tutte le truppe dai fronti di guerra, per la chiusura delle basi militari, la drastica riduzione delle spese di guerra e l’aumento delle spese sociali, per la riconversione delle fabbriche d’armi e degli altri luoghi/strumenti di guerra, per la revoca dell’accordo per la produzione e l’acquisto dei caccia F35, contro l’insieme della politica militarista del governo Prodi che ha imposto nella Finanziaria l’ulteriore (dopo quello altrettanto consistente dell’anno scorso, per un totale del 24%) aumento dei finanziamenti alle Forze armate, alle missioni militari, alle basi (con lo stanziamento per il Dal Molin) e al complesso militare-industriale, e che include l’accordo militare Italia-Israele e l’embargo alla Palestina, l’adesione allo scudo missilistico USA, le minacce di guerra all’Iran. Tenendo anche conto del fatto che a gennaio il governo presenterà il decreto per il rinnovo delle missioni belliche in Afghanistan e negli altri teatri di guerra, l’Assemblea ha espresso un orientamento a realizzare nella giornata del 26 gennaio una manifestazione nazionale. Al fine di allargare l’iniziativa a tutte le reti e organizzazioni che lottano coerentemente contro la guerra, le basi e le spese militari, sarà comunque la prima riunione del gruppo di collegamento del Patto, che si terrà il 18 dicembre a Firenze, a sancire definitivamente le forme della mobilitazione del 26. Nel corso di tale riunione, si farà anche il punto sulle varie proposte di iniziativa, emerse nel corso dell’Assemblea, in difesa e sostegno della lotta del popolo palestinese.
Infine, di fronte all’ennesimo militare italiano morto in Afghanistan, l’Assemblea ha ribadito che l’unica scelta di pace è il ritiro delle truppe. Infatti l’attuale missione italiana è una partecipazione alla guerra a tutti gli effetti e di questa morte, come di tante altre, portano tutte le responsabilità il governo italiano e chi lo appoggia.