BOLIVIA: IL GANGSTER CON L’AMBASCIATORE

Il diplomatico Usa e il delinquente colombiano: ecco la foto di cui Evo Morales aveva parlato al manifesto
Il capo degli industriali Gabriel Dabdoub è il presidente della potente Cainco, la «Camara de industria y comercio de Santa Cruz» L’ambasciatore americano Philip Goldberg èambasciatore a La Paz da circa un anno. Ha una lunga esperienza nella ex Jugoslavia La guardia del corpo E’ un membro della sicurezza dell’ambasciata americana, l’uomo addetto a «selezionare» chi si avvicina all’ambasciatore
di Roberto Zanini (il manifesto 7/10/2007)
La foto è persino mite: tre uomini in giacca e cravatta e un giovane in maglietta bianca, tutti a loro agio. Lo sfondo è quello di Expocruz, una fiera che si tiene ogni seconda metà di settembre a Santa Cruz, nella «medialuna» orientale, la Bolivia di pianura dove il clima è mite e la gente è più ricca e meno india che sulle montagne andine. Ma in questo scatto dall’apparenza inoffensiva è contenuto l’ultimo conflitto tra la Bolivia di Evo Morales e gli Stati uniti. Morales, di passaggio a Roma, aveva parlato per la prima volta di questa foto in un’intervista al manifesto. Ne aveva riparlato in interviste successive, vi aveva accennato in modo brusco in varie dichiarazioni: c’è pericolo di golpe, aveva detto il presidente, nel paese esistono gruppi armati contro il mio governo, «abbiamo una fotografia dell’ambasciatore degli Stati uniti insieme a un paramilitare colombiano». Ieri la fotografia misteriosa è stata resa pubblica.
L’uomo a sinistra è Gabriel Dabdoub, potente leader della Cainco, la Camera di industria e commercio di Santa Cruz, acerrimo rivale di Morales, sostenitore e finanziatore nemmeno occulto dei gruppi autonomisti che vogliono staccare la «medialuna» dal resto del paese. Il secondo è Philip Goldberg, ambasciatore degli Stati uniti a La Paz da poco più di un anno. Il suo predecessore era stato talmente virulento e scomposto nei confronti di Morales che il leader indigeno, all’epoca soltanto candidato alle presidenziali, lo aveva chiamato «il vero capo della mia campagna elettorale»: ogni volta che lo attaccava, Morales guadagnava punti. E’ il terzo uomo, quello del veleno. «Si chiama John Jairo Venegas Reyes – ha detto ieri il ministro dell’interno boliviano Alfredo Rada – ed è un delinquente colombiano». Venegas, dice il governo boliviano, è stato arrestato in ottobre insieme a una banda di colombiani accusati per ora di assalto, rapina e sequestro, e in possesso di armi di grosso calibro. La foto è arrivata a Morales attraverso i servizi segreti, proprio come i tanti rapporti di intelligence che raccontano di come la «medialuna» si sia riempita di colombiani, e parallelamente sia stata costellata di piccoli attentati: non un’insurrezione armata ma una strategia della tensione, che tra i suoi protagonisti ha l’ambasciata degli Stati uniti. Il quarto uomo è il capo dei servizi di sicurezza americani a la Paz, l’uomo che bada alla sicurezza dell’ambasciatore e ne filtra tutti i contatti. Anche quelli apparentemente casuali.
Ieri il cancelliere boliviano David Choquehuanca ha chiesto conto dell’imbarazzante immagine all’industriale Dabdoub e all’ambasciatore Goldberg. Nessuno dei due ha negato che l’immagine fosse autentica. L’empresario se l’è cavata affermando di non sapere chi fosse lo sconosciuto che quella sera aveva chiesto di farsi fotografare con l’ambasciatore, e ha qualificato di «vigliaccata» l’attacco del governo di Morales. L’ambasciatore è stato zitto per ore, affidando vaghe smentite ai portavoce, e decidendosi infine ad affermare di non avere alcuna relazione con gruppi delinquenziali o sovversivi e di «rispettare la democrazia del paese».
Ma Philip S. Goldberg non è un ambasciatore qualunque. Prima di sbarcare a La Paz, Goldberg si è fatto le ossa nella ex Jugoslavia. Tra il 1994 e il 1996 è stato desk officer dei dipartimento di stato americano in Bosnia, il luogo da cui venne fatto implodere quel paese. E’ stato assistente speciale di Richard Holbrooke, l’uomo che disintegrò la Jugoslavia, e in seguito ha diretto l’ambasciata Usa a Pristina, in Kosovo (altra disintegrazione di sucesso).
Pochi mesi dopo l’arrivo dell’ambasciatore Goldberg a La Paz, non a caso, decolla con violenza in Bolivia un movimento separatista decisamente «balcanico». Si chiama «Nacion Camba» (i cambas sono la gente delle pianure, contro i kollas delle montagne) ed è guidato da un possidente agroindustriale di origine croata, Branco Marinkovic. Nel luglio del 2006 un referendum sulle autonomie regionali sancisce il distacco della ricca «medialuna» orientale. Il prefetto della città di Cochabamba, Manfred Reyes Villa, legato a «Nacion Camba», con un colpo di mano disconosce i risultati del referendum (la città era rimasta con La Paz), convoca nuove elezioni e di fronte alle marce di protesta sguinzaglia gruppi fascisti giovanili e la Union juvenil cruceñista, che si presentano in piazza con mazze da baseball e pistole. Il risultato è una tremenda giornata di sangue, l’11 gennaio del 2007: due morti e 120 feriti. Una marcia di 50mila indigeni occupa la piazza di Cochabamba e chiede le dimissioni del prefetto Villa, ma quest’ultimo ha un amico potente che lo salva. E’ l’ambasciatore Philip S. Goldberg. L’uomo della foto.
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